Si tratta di una serie di articoli apparsi sul quotidiano ILNOLANO.IT, sui settimanali WEEK END e SETTE, e sul magazine CINQUE COLONNE tra il 2011 ed il 2012
#Sperone
01.04.2011
Risultati preoccupanti: tumori in aumento. Ma il vero danno arriverà tra dieci anni.
“Bisogna alzare la voce. Le patologie tumorali sono in aumento progressivo vertiginoso: la causa è riconducibile ad una serie di scelte aberranti che hanno distrutto il territorio. Ogni istituzione dovrebbe sincronizzarsi con le associazioni per il territorio, per eliminarne o quanto meno provare a mitigarne le criticità” così comincia a parlare il sindaco di Sperone Salvatore Alaia puntando poi il dito “le mie accuse vanno ad alcuni sindaci dell’agro nolano che sono in procinto di firmare un accordo con la provincia per sversare ancora rifiuti in una terra che ha già dato tanto”. Per l’avvocato Mariano, rappresentante dell’istituto Nazionale Tumori Irccs Fondazione Pascale di Napoli l’autofinanziamento con cui il CROM di Mercogliano vuole cercare di mantenere e sviluppare nuove ricerche è un elemento importante per l’intero territorio del Nolano e dell’Irpinia: “ciò è possibile grazie all’inaugurazione di un elemento innovativo, la radiofarmacia. E pensare che il CROM, dopo essere stato in vita due anni, rischiò in Epoca Sirchia, per decisioni politiche, la chiusura” esclama il Dott. Mariano.
Più chiaro e diretto ai cittadini il Dott. Massimo Di Maio, Direttore Dipartimentale di Patologia Mammaria dell’ASL NA 1. “Nel territorio sono stati fatti studi di cancerogenesi ambientale: si sono studiati i tumori alla mammella, al fegato, ai polmoni. La correlazione ambiente/tumori esiste e non si può tacere né gettare terra sopra come vogliono fare dall’alto, in particolare l’Ufficio Registro tumori, additando i ricercatori del Crom ed i medici che si occupano di questi studi, lo stesso Giordano, come allarmisti e privi di coscienza scientifica. Qualche anno fa anche Umberto Veronese, specialista in materia, parlava dell’impatto ambientale come fattore estremamente influente nella formazione di tumori (anche se ora è un sostenitore del nucleare.)”.
“Gli inceneritori che hanno installato nel territorio” continua Di Maio “sono di due tipi: il penultimo tipo è in tutto e per tutto come una discarica. Non c’è nessuna differenza. L’ultimo tipo è “quasi” uguale. L’impatto ambientale di entrambi è disastroso. Nel lasso di tempo 2001-2005 i nostri dati basati sulle SDO (Schede di dimissioni ospedaliere) hanno registrato 12.000 casi in più di tumore alla mammella. Eliminando quelle già operate e le recidive ci siamo trovati con un numero di 7.000 unità in più del numero che vi propina in forma ufficiale il Registro tumori. Tumore al fegato: +9% negli uomini, +12% nelle donne. Lo stesso si può dire del tumore ai polmoni. Il territorio è ferito non solo da discariche ufficiali ma da ben 5327 discariche non ufficiali ed il lavoro splendido di Mazza lo può confermare”. “Il problema di fondo”conclude Di Maio è” nell’alterazione del DNA che l’inquinamento ambientale va ad intaccare: e si badi bene i danni non sono visibili oggi ma lo saranno in un lasso di tempo di 10 anni. Il nostro pensiero deve essere per i nostri figli e nipoti”.
“Ci sono 15 persone al giorno che in Campania, nei nostri territori, muoiono di tumore ai polmoni” sottolinea il Dott. Antonio Marfella, tossicologo del Pascale, “ e di questi 3 sono non fumatori. Tutti, e dico tutti, abbiamo perso 2 anni di vita in un territorio che giorno dopo giorno tocca un punto più basso. È sbagliato il ciclo integrato dei rifiuti, sono sbagliate le ripartizioni delle risorse per la sanità, sono falsi i dati propinati. Due sono le soluzioni: non tacere e iniziare a gestire in maniera corretta il territorio”. Lucida poi l’analisi del Dott. Colella che, entrando nel discorso cave, ha spiegato nel dettaglio il problema sulla scorta dell’esperienza concreta della discarica di Chiaiano: “una discarica se ben progettata e controllata negli anni non inquina il territorio. Il problema oltre alla progettazione però è il controllo ed il mantenimento. Il limite delle discarica in una cava, e questo si è visto scientificamente, è un tempo di 15 anni. Dopo comincia a cedere e ad intaccare le falde acquifere. È davvero assurdo andare a fare le discariche nelle cave” sentenzia Colella dopodiché comincia ad esaminare il problema dei rifiuti a Napoli che dura ormai da ben 17 anni, “miriadi di esperti, 2 volte il capo della protezione civile, tanti prefetti, infiniti progetti, ed il problema è sempre lì. Questo ci fa capire tutta la complessità del territorio in cui viviamo. Io ed io dottor Marfella fummo chiamati delinquenti e pazzi nella crisi dei rifiuti del 2006 perché criticammo la validità scientifica dello studio di Bertolaso. Oggi aspettiamo lo studio Sebiorec che ancora non esce nonostante le promesse fatte. Sulla mia scrivania è pronta a partire una mozione legale contro l’Assessorato alla sanità”.
Ora, tocca a noi cittadini. Alla nostra protesta.
#Nola
15.04.2011
Esposito accusa: “E’ un’indagine non scientifica”
Lunedì mattina, Centro Direzionale, Regione Campania, isola C2, le autorità hanno voluto incontrare i giornalisti per presentare e raccontare la loro verità sul rapporto Sebiorec, lo studio epidemiologico sullo stato di salute e sui livelli d’accumulo di contaminati organici presenti nel sangue e nel latte materno in gruppi di popolazione a differente rischio nella Regione Campania, condotto nel 2007 commissionato dallo staff dell’allora presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino e costato ben 250 mila euro.
Secondo la Regione Campania i dati non sono per niente allarmanti ma rientrano nella normalità del territorio. IlNolano.it ha chiesto il parere a Gennaro Esposito, medico, presidente di Assocampania Felix, vicino a Medici per l’Ambiente ed uno dei più agguerriti sostenitori dell’Unità di Crisi “No discarica nel Nolano”. Secondo Gennaro Esposito “la supposta normalità di cui parlano le autorità riguardo l’intervallo di valori delle diossine, dei metalli pesanti e dei diossino simili è un termine improprio perché si tratta di valori che, come ho già spiegato più volte, non dovrebbero assolutamente comparire, nemmeno in minima parte. Si tratta pur sempre di contaminazione di sostanze tossiche. Inoltre, insieme a tanti altri medici, sosteniamo ancora una volta la necessità di uno studio individuale della popolazione che vive in prossimità delle discariche e non a pool, come è stata effettuata dal Sebiorec.”
Dunque, secondo il dott. Esposito, si tratta di uno studio che non presenta i crismi della scientificità poché conduce un analisi pool su sistemi di 10 persone alla volta e dunque ne risulta una sorta di media del campione esaminato: “e capirete bene che se uno presenta 15 nel sangue e l’altro 5, il risultato è 10”. Altro problema di cui non si è parlato per nulla è quello delle bonifiche: insieme all’Assocampania Felix stiamo sostenendo a gran voce la necessità di bonificare le tante aree malate della nostra regione. Sono circa 5000 le discariche in Campania e di queste 3000 sono localizzate nella zona del Nolano e del Casertano. Infine, cogo l’occasione per informare che con i medici per l’ambiente stiamo organizzando un convegno scientifico presso l’Ordine dei Medici di Napoli a cui prenderanno parte il prof. Bianchi del CNR e il prof. Di Domenico dell’Istituto Superiore della Sanità per discutere in maniera più approfondita dei problemi dell’ambiente e di alcune iniziative da far partire”.
15.04.2011
#Nola
Discariche: compostaggio e riconversione differenziata. Il piano dell’Unità di Crisi.
Dopo il sit-in di domenica in piazza a Casamarciano per illustrare ancora una volta ed in maniera diretta ai cittadini ciò che si vuole far passare sul nostro territorio, continua la battaglia dell’Unità di crisi “No discariche nel Nolano” che ha assunto come motto “Nessuna discarica in nessuna terra” per abbracciare in maniera più estesa possibile il territorio nazionale.
Ribadito il NO per l’installazione di nuove discariche nell’area nolana così come previste dal nuovo piano provinciale; NO al biostabilizzato nelle cave perché solo in Campania, come dice l’agronomo Francesco Tortora, “il biostabilizzato non viene considerato un rifiuto e può essere messo nelle cave dove, è risaputo, si scava fin quando non si raggiungono le falde acquifere. Il biostabilizzato non è altro che un compost fuori specifico, un rifiuto”; NO al potenziamento dello Stir con il digestore anaerobico “perché continuerebbe a lavorare spazzatura tal quale” dice Gennaro Esposito, Assocampania Felix, “o forse anche di peggio come abbiamo ampiamente fatto vedere dagli ultimi blitz presso lo Stir in cui negli auto compattatori abbiamo trovato anche rifiuti speciali”; infine NO anche alle discariche fuori provincia: nessun invaso in nessuna terra, dalla lunga e appassionata arringa di un cittadino di Contrada Cesina durante la protesta pacifica del 30 marzo scorso allo Stir di Tufino, messa sul web dalla nostra redazione. Il Piano che proponiamo dice Guido De Carlo, Sinistra Ecologia e Libertà (SeL) si basa “su di un controllo a monte a partire dal cittadino. In questo modo si può avere una riduzione a monte e differenziata dei rifiuti”.
E proprio da un cittadino viene una critica molto forte alla gestione dei rifiuti: si tratta del titolare di una officina molto conosciuta nel Nolano e di passaggio per lo Stir che ci descrive come sul suo fatturato pesi e non poco la differenziazione dei rifiuti: “Ho dovuto stilare numerosi documenti e provvedere all’installazione di contenitori specifici per ogni rifiuto speciale che questi autocompattatori quando hanno qualche problema mi lasciano. Ad esempio il contenitore dei filtri dell’olio, l’installazione di una vasca in cui disinfettarmi le mani dopo aver lavorato agli impianti di scolo dei camion e molte altre cose. E nonostante lo faccia devo anche pagare per lo smaltimento di questi rifiuti! Pensare che poi questi oli vengono ritrovati a mare, nei Regi Lagni o davanti allo Stir di Tufino mi fa rabbia. Penso di pagare per non inquinare ed invece sovvenziono la morte”. Per concludere, ancora Guido De Carlo: “bisogna porre l’attenzione sulla necessità di impianti di compostaggio e sulla riconversione dello Stir per la lavorazione del secco senza incenerimento, ovvero un Trattamento Meccanico Manuale”.
#Nola
30.05.2011
Le due verità del Sebiorec
L’Azione Cattolica della Diocesi di Nola ha dato il via sabato 28 maggio presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università “Parthenope”, nel complesso monastico di Santa Chiara in Via Pompeo Fellecchia a Nola, ad alcune iniziative rientranti nel contenitore “Una fede che ama la terra”. Si tratta di una serie di incontri, per la precisione tre appuntamenti, dedicati allo studio epidemiologico SEBIOREC (incentrato sullo stato di salute e sui livelli di accumulo di contaminati organici persistenti nel sangue e nel latte materno in gruppi di popolazione a differente rischio di esposizione), commissionato dalla Regione Campania nel 2007 e tenuto a lungo riposto nei cassetti del Palazzo a Santa Lucia.
Sotto la spinta delle associazioni ambientaliste, della stampa (il primo a pubblicarlo è stato il periodico l’Espresso) e dei medici, il rapporto Sebiorec è stato svelato qualche mese fa gettando luce ed ombra sui risultati ed alimentando un dibattito sulla correttezza delle informazioni. Nel dettaglio, ciò che è stato contestato a questo studio, è in primis il campione. Si tratta di un prelevamento a pool, “che da luogo”, sostiene da tempo Gennaro Esposito, medico e membro attivo di Assocampania Felix, “a dei risultati sbagliati, fuorvianti e per nulla scientifici. Il campione dovrebbe basarsi su prelievi individuali e classificati come tali” aggiunge Esposito.
Dall’altra parte c’è l’Istituto Superiore della Sanità e le varie ASL. All’epoca dello studio l’area nolana rientrava nell’ASL NA 4: l’ex direttore del servizio epidemiologico ex Asl Na 4, Raffaele Palombino, ha illustrato nel dettaglio i risultati dello studio, arrivando alla conclusione che la situazione non è così grave come la descrivono le associazioni ambientaliste, i media ed i medici. “I valori sono quasi nella norma, vi è solo qualcosa di leggermente superiore e dagli studi è riscontrabile che qui a Nola è dovuto nell’alimentazione e nell’uso di verdure che sono contaminate da vari fattori: ci sono sorgenti e vie di inquinamento. Dalla combustione all’accumulo in comparti a processi biologici all’acqua utilizzata per la produzione agricola e zootecnica, per essere assunti poi tramite alimenti, oppure tramite inalazione o ancora tramite il contatto cutaneo”.
Per quanto riguarda il livello di presenza di metalli si è nella norma secondo il Dott. Palombino: “arsenico, mercurio, cadmio e piombo sono presenti, confrontandoli con Macerata e Roma, città di confronto, nei livelli possibili ed ammessi”. Decisamente contro queste “illazioni” il dottor Giuseppe Comella, coordinatore di Medici per l’Ambiente, associazione che ha definito Sebiorec “solo un punto di partenza” per indagini più approfondite. “Innanzitutto la metodologia con cui è stato condotto lo studio è decisamente sbagliata: i risultati ottenuti su campioni a pool presenta una scientificità quasi nulla. C’è poi la percezione che si ha nelle famiglie: nell’aria si respira la paura. Ci sono tantissimi casi in più di tumore, è questo è un fatto. Ciò che respiriamo, ciò che mangiamo e addirittura ciò che tocchiamo può essere letale”.
Di problemi bioetici e di alimentazione, nonché di tracciabilità degli alimenti ne hanno discusso sia il sindaco di San Vitaliano, Antonio Falcone, sia Gianluca Napolitano, responsabile della condotta Slow Food dell’Agro Nolano. Entrambi hanno focalizzato l’attenzione sulla cultura dell’alimentazione nel rispetto dell’ambiente. “Non esiste una legislazione in Italia che si interessi di tracciabilità e bioetica dei cibi” sottolinea Falcone ed “i controlli sono inesistenti, sia in fase di produzione che di distribuzione” aggiunge Napolitano. Per don Aniello Tortora, responsabile per l’Ufficio di Pastorale Sociale e Lavoro, Giustizia e Pace e Salvaguardia del Creato della Diocesi di Nola, i passi da fare in materia ambientale sono ancora tanti ed un primo importante salto si farà il 12 e 13 giugno soprattutto per l’acqua ed il nucleare. La Chiesa di Nola ha preso posizione e l’ha fatto spronando a votare “Si” per dire “No” alla privatizzazione dell’acqua ed all’installazione del nucleare sul suolo italiano.
Il pensiero del dott. Gennaro Esposito, AssoCampania Felix e Medici per l’Ambiente
“Il problema sono le diossine (2,3,7,8 tetracloro-dibenzo-diossina o TCDD) e composti correlati, rappresentano uno degli inquinanti ambientali più comunemente noti, in particolare la TCDD di tipo Seveso, (dal nome della tragedia di Seveso, 10 luglio 1976, nell’azienda ICMESA, che provocò appunto la fuoriuscita di una nube di diossina tipo TCDD che investì la Bassa Brianza ed il circondario) le più cancerogene fra tutte” dice Gennaro Esposito, presidente di Assocampania Felix ma che questa volta parla in qualità di medico. Si pensi che un solo milionesimo di grammo è sufficiente ad uccidere un maialino della guinea e all’uso che se ne fece come defogliante nella guerra del Vietnam. “Due sono le osservazioni che bisogna fare allo studio Sebiorec: in primis il lavoro non ha i crismi della scientificità poiché conduce un analisi pool su sistemi di 10 persone alla volta. Seconda cosa: i risultati sono più preoccupanti di quanto si potesse immaginare. Un esempio è la tabella 8 ASL NA4 Nola, campione 042, valore PCB totali 647 ng/g. Il campione corrisponde a dieci persone e quindi per assurdo si potrebbe verificare che nove non abbiano PCB e la decima ne abbia 647X10 = 6470. Sarebbe opportuno” continua Esposito “ripetere le analisi individuali nei pool ad alto picco e cominciare a coltivare zucchine nel raggio di 5 km da loro per dimostrare che quelle sostanze sono li. Il problema principale infatti sono le verdure e la mozzarella”.
I risultati con il sistema pool risultano “annacquati”. “Eppure” continua il dottor Esposito “il picco a Nola è altissimo: la media del TCDD ovvero la diossina tipo Seveso è di 2.79 picogrammi. Considerando che il valore ammesso nel sangue è di 1 solo picogrammo e considerando che si tratta di una media, ciò significa che ogni persona presa in esame aveva un livello più alto del’ammissibile di questa diossina mortale. Considerando inoltre che si tratta di un sistema pool, le cose stanno peggio del previsto! Io, parlo personalmente, nelle ultime analisi avevo ben 8 unità”. In effetti, se si esamina la stessa tabella 8, campione 042, Nola e dintorni, ne risulta che la somma delle diossine media è di 647 e qualunque campo si vada ad esaminare nel Nolano si supera la soglia di tolleranza. “Le conseguenze di questa concentrazione di diossine è di tipo metabolica, tiroidea e diabetica fino ad una somma di 40, tumorale quanto più si avvicina a 100”.
La diossina si origina nei processi di combustione ove siano presenti carbonio, ossigeno e cloro. Non esiste una produzione industriale di diossina, ma questa viene prodotta soprattutto come impurità durante la produzione di alcuni erbicidi e germicidi o nell’incenerimento dei rifiuti urbani ed industriali. “In particolare negli oli industriali che chissà come vengono smaltiti, nelle plastiche e nei contenitori di tanti prodotti che vanno ad intaccare bruciando soprattutto le verdure. Le verdure e la mozzarella sono gli elementi più tossici del nostro territorio. Un esempio su tutti: una mia collega vegetariana nelle analisi presenta un livello di diossine sempre più alto ed il pastore Cannavacciuolo di Acerra morto di Cancro con un livello di diossina nel sangue pari a 270 e 33 picogrammi di TCDD”.
Fioravante Conte