Non puoi conquistare il cuore dei clienti, se tu stesso non hai un cuore. Le parole di Charlotte Beers, businesswoman ex presidente della J.W. Thompson Advertising e sottosegretario di Stato Usa per la propaganda, pronunciate nell’epoca in cui tutto è prodotto, l’uomo politico incarna la summa completa delle dinamiche con cui bisogna non solo mettere il cuore ma presentarlo nella sua interezza. Va piazzato sul mercato. Con strategia, costanza, uso sapiente dei mezzi tecnologici disponibili e un bel po’ di creatività.
Quel cuore e creatività unito ad una buona dose di coraggio che spinsero in un mattino di un giorno come tanti del 1995, nel suo ufficio di New York, Jeff, un operatore di fondi di investimento, a licenziarsi ed intraprendere una nuova sfida. Lesse sul Wall Street Journal che l’utilizzo di Internet cresceva al ritmo del 2.300% all’anno. E così pochi giorni dopo, con qualche soldo prestatogli al padre ed una macchina partì alla volta i Seattle. Jeff racconta che lasciò guidare la moglie e nei cinque giorni di viaggio ne approfittò per cominciare a buttar giù un abbozzo di business plan. A Seattle Jeff affittò una casa con un garage e ci piazzo all’interno qualche computer assumendo rapidamente due collaboratori . Una storia straordinaria. Amazing!. Oggi Jeff Bezos ride felice quando racconta i primi giorni di Amazon.com.
E così il cinema che si ama o si odia di Quentin Tarantino. Partendo dal basso, con la sua passione maniacale per il cinema Made in Italy ed osando, conquistando pian piano il cuore dei suoi ammiratori. Mettendoci il cuore e la strategia. Facendo vedere di avere un cuore. Un cuore per metà italiano visto che il padre musicista era di origine italiane. Come di origine italiane è la madre di Bill. Ma non il Bill di Tarantino, da ammazzare, che oggi compie dieci anni, con il vivo rosso del suo sangue. Il Bill della Big Apple. Il new mayor New York, Bill De Blasio, con il rosso della sua campagna.
Quanta italianità osannata. L’Italia “cassa di risonanza” si accontenta di scorgere un briciolo di italianità in qualunque parte del mondo per gridare “Italia, terra di talenti, lavoratori e grandi nomi”. Di Italiano questo new mayor, lasciatemelo dire non ha assolutamente nulla. Il nome? Wilhem Warren de Blasio. I genitori? Nemmeno quelli. Solo la madre. Bisogna arrivare ai nonni! Ma è nato a Manhattan nel 1961, nell’America pre-Nixoniana e preReaganiana. È poi cresciuto a Boston. Nel 1983 cambia il suo nome in Bill, come un altro famoso Bill.
Clinton, uno che di marketing e strategia politica ne ha fatto un credo e che nel 1992, dall’essere un povero ragazzo senza padre, cresciuto nella povertà in un piccolo paese dell’Arkansas, arrivò alla guida della più grande azienda del mondo, gli Stati Uniti d’America. Bill Clinton così come Roosevelt, Reagan, Kennedy e Nixon erano la nuova razza di politici, al confine con le star hollywoodiane grazie ad un processo strategico di marketing. Oggi più che mai anche il politico per raggiungere lo status della star e per acquisire la visibilità necessaria per raggiungere il successo e realizzare i propri progetti deve utilizzare non solo gli strumenti del marketing strategico ma tutta la potenza dei Social Network.
Il nuovo Bill, il De Blasio invece, il padre ce l’aveva, tedesco. Ma di lui ha rifiutato il cognome prendendo quello della madre, italiana, proveniente con i suoi genitori dalla città del tufo e delle mele, la tanto bella Sant’Agata dei Goti, uno dei più bei borghi della Campania (FioreVagabondO… in Campania: Sant’Agata dei Goti). Si è sempre contraddistinto per le sue idee profondamente di sinistra, tanto che nel 1988 è andato in Nicaragua per aiutare a distribuire cibo e medicine durante la rivoluzione nicaraguense. Ha fatto un dottorato sull’America Latina ed era anche un ardente sostenitore del governo sandinista. Vive a Brooklyn con la sua famiglia ed il suo orto di pomodori e peperoni. Sua madre lo ebbe a 43 anni.
Differente dall’attuale Michael Bloomberg e del precedente che ebbe la carica durante l’11 S. Rudolph Giuliani, De Blasio è un attivista sociale dall’età di 22 anni. Di orientamento progressista, ecologico ed artigianale, Bill beve latte organico, ricicla oculatamente e costantemente e gli piace chiamare brothers tutte le persone con le quali ha a che fare. Una montagna alta più di un metro e novanta che ha conosciuto sua moglie Charline McCray nel 1991. Charline anche era un’attivista. Femminista convinta e lesbica dichiarata che fino ad allora non aveva avuto alcun uomo né fidanzato. Nata a Springfield (Massachusetts), figlia di un militare e di una operaia di fabbrica. Poetessa e scrittrice, è più grande di Bill di 6 anni. Combattiva e molto tenace (già durante gli anni universitari appartenne ad un gruppo che si occupava del problema dell’esclusione) ha criticato apertamente Bloomberg perché capace di fomentare la disuguaglianza, ha scritto i discorsi di suo marito (lo fece anche precedentemente per altri candidati della Grande Mela) e lo ha aiutato a scegliere i membri del suo staff. Si è detto di lei che si ispira a modelli quali Hillary Clinton ed Eleonore Roosevelt.
E proprio Franklin Delano Roosevelt seppe ben giocare agli albori del marketing politico. Nel 1936, da presidente uscente, utilizzò gli strumenti di analisi dell’elettorato, di posizionamento della propria proposta politica e pianificazione ragionata dei media come se fosse a capo di una tradizionale impresa commerciale grazie anche a George Gallup che con un metodo di ricerca da lui stesso inventato di sondaggio scientifico riuscì a prevedere la vittoria di Roosevelt con una buona approssimazione.
In Europa invece? Dobbiamo aspettare la Iron Lady Margaret Thatcher per veder utilizzate le potenzialità del marketing in ambito politico. È il 1978 ed i conservatori decidono di rivolgersi ad un’agenzia di pubblicità di un giovane professionista trentatreenne di nome Maurice Saatchi e suo fratello per realizzare non solo una campagna di comunicazione, ma un vero studio di marketing. La campagna realizzata da Saatchi & Saatchi è ancora oggi uno dei migliori esempi di marketing politico: Labour isn’t working (“il labour non sta lavorando”) fu il payoff di un cartellone stradale che raffigurava cento disoccupati in coda, suggerendo che sarebbe stato pazzo il lavoratore che avesse votato per la rielezione del laburista Jim Callaghan. In Francia invece, il primo a capire fino in fondo la portata della novità fu Francois Mitterand, leader socialista e candidato alla presidenza della Repubblica del 1981 grazie al pubblicitario Jacques Séguéla e la grande campagna di affissione di manifesti 6 x 3 con lo slogan La force tranquille (“La forza tranquilla”). Mitterand stravolse le regole e vinse le elezioni. Mentre l’Europa faceva progressi, in America il marketing politico veniva portato al suo apice da Ronald Reagan, “il grande comunicatore”, con registi e ghostwriters di grande esperienza, sfruttando la televisione per conquistare il cuore degli americani.
In Italia invece? Tre punti fermi:
- la svolta del 18 aprile del 1948 con la Democrazia Cristiana preferita al Fronte Popolare;
- la potenza del marketing politico, delle televisioni e della creatività pubblicitaria dello staff berlusconiano del 1993;
- l’intelligenza, l’intuizione e la strategia comunicativa di Gianroberto Casaleggio e la prepotenza dei social network dietro Beppe Grillo ed i Grillini.
L’ultimo campo su cui si oggi si combatte la battaglia elettorale è quello del mondo Social. Bill De Blasio ha fatto una campagna graficamente e contenutisticamente molto curata sia su Facebook che su Twitter e YouTube (NYforDeBlasio). I video pubblicitari quasi da trailer cinematografici, studiati per mettere in risalto il valore della famiglia. Un valore che in questi tempi di crisi sembra andar sempre più smarrendosi nei meandri malati della società. Il vecchio ed unico porto sicuro di un tempo oggi sembra non esserlo più ed allora perché non puntare alla sua rivalorizzazione.Il carisma del figlio quindicenne Dante che racconta non l’uomo politico ma il padre con tutta la sua famiglia ed i suoi interessi è un prodotto. Si, anche la famiglia è un prodotto. Ed essere trasparenti nel descriverla e mostrarla equivale ad essere chiari e leali agli occhi del popolo. E così ecco il figlio minore di De Blasio, il sedicenne Dante, dai capelli stile afro (se li lava una volta a settimana) amato da tutti. Ecco la figlia maggiore, Chiara, con i suoi piercing sul sopracciglio, orecchie e narici. È studente di scienze ambientali all’Università della California. È la più hippy della famiglia con le sue corone di fiori.
Il primo esempio di politico concepito come prodotto è John F. Kennedy, come illustrato nell’innovativo libro scritto da Theodore White alla fine della campagna elettorale, The Making of the President (La costruzione di un presidente). Nella sua campagna per la presidenza nel 1960, JFK era circondato dai migliori professionisti della politica di Washington: erano consulenti di Kennedy, non del Partito democratico.
Conoscenza del mercato, conoscenza degli elettori e di ciò che si aspettano. Dopodiché si plasma e fabbrica il prodotto che meglio può rispondere a quanto ci si aspetta, nelle idee e nella figura. Il democratico Bill de Blasio ha ottenuto il 73,6 per cento dei voti contro il 24 per cento del suo sfidante repubblicano, Joe Lhota e bisogna considerare che si tratta della più larga vittoria per un candidato sindaco a New York dal 1985. E’ stato votato dalle persone più disparate. Un elettorato particolare, molto eterogeneo: ispanici, afroamericani, bianchi, quartieri ricchi e poveri.
Vediamo la sua figura ed il modo in cui si è mosso:
- è riuscito ad instaurare con i suoi elettori, grazie anche alle riforme promesse ed all’immagine della sua famiglia, una relazione profonda, di fiducia, non nascondendo nessun lato del passato;
- si è circondato di talenti e professionalità, in primis quello della moglie;
- è un leader che lavora in squadra e conosce l’importanza di non lavorare da solo;
- ha un cuore e lo comunica a tutte le persone attorno a lui. Abbraccia il figlio e lo guarda affettuosamente. Si commuove nonostante sia grande e grosso (1,96 cm) ed esprime gioia con i suoi sorrisi, an audacious liberal come dice il New York Times; Ha fatto della diminuzione del dislivello sociale tra ricchi e poveri il punto fermo da cui muoversi, ha difeso il sistema scolastico pubblico e ha proposto nuove tasse sui ricchi per permettere a tutti una istruzione, finanziando anche gli asili.
- è innovatore e mostra la sua apertura in primis mostrando la sua famiglia così multietnica. Usa i social network e lavora anche con essi.
- È professionale. Ed il suo lavoro come avvocato difensore della città di New York è un importante punto a suo favore. Interpreta il il bisogno di cambiamento perché è già un cambiamento il suo aver sposato una donna nera, bisessuale e attivista politica. Piace anche per questo. Dà l’idea della correttezza nella vita e di riflesso nella professione.
A parte c’è poi il discorso sulle risorse tangibili ed intangibili. La politica costa e vincere costa. Anche caro. Quindi è importante anche saper utilizzare i social network nel miglior modo possibile affidando a professionisti la loro gestione, nei contenuti, nella grafica e nella cura dei particolari. Provate a guardare i canali dei due candidati alla poltrona della città più potente del mondo e annotate le differenze.
Ecco la linea, stile presentazione Steve Jobs, che segue il democratico De Blasio:
Il countdown. Il rosso. Del cuore e della passione. Per ora non importa se riuscirà a colmare il divario economico tra ricchi e poveri (già si dice che concretamente non ha i poteri legislativi per farlo) o a permettere “un asilo ad ogni bambino” o a permettere a qualsiasi persona di avere “A shot”. Al sorriso di Bill è stata data fiducia. E a tutta la sua famiglia.
Il conto, per favore.
Fioravante Conte
Bell’articolo!
Grazie Ale! 😉